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Aprile 2007
Taratura dei gallegianti
Marco Abate da Messina
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Per semplificare le cose unisco sia la tecnica a bolognese che all’inglese e specifico la taratura dei galleggianti, che come scopo finale darà la possibilità di avere 3 diverse scelte da adottare e modificare in base alle condizioni meteo marine e del luogo di pesca.
Oltre alla costruzione del calamento con le varie sfaccettature che riguardano terminale ecc ecc, è obbligo dire che la riuscita di un buon carniere è parte integrante della disposizione dei pallini o torpille sulla lenza madre, in quanto saranno proprio questi ultimi e la lenza utilizzata a rendere “naturale” il movimento dell’esca e consentire al galleggiante di lavorare a dovere nelle svariate possibilità.
Innanzitutto bisogna descrivere l’allocazione esatta della grammatura supportata dai galleggianti, nei galleggianti da bolognese essa si trova sulla balsa ed è proprio questo che determina la dimensione dello stesso (es: mod: X, gr. X); nei galleggianti all’inglese o meglio nei comuni waggler il luogo ove è riposta la grammatura è lo stesso, spesso però è possibile (soprattutto nei galleggianti a penna o altri) trovare la seguente dicitura: “3+1” dove il 3 corrisponde alla grammatura totale e l’uno alla grammatura da aggiungere per completare la taratura.
Sicuramente la scelta della taratura è data dal connubio tra condizioni marine, meteo, luogo, esca, preda da insidiare (e diffidenza) e presenza di minutaglia; un esempio classico si può fare con mare in scaduta in quanto l’esasperazione della tecnica viene in parte accantonata e prevale invece la dinamicità e la sola ricerca di portare a compimento una cattura, in quanto il pesce date le condizioni del mare è meno sospettoso. Detto questo riaggancio il discorso iniziale e vi elenco i 3 tipi di taratura base:
Metodo 1° - torpilla secca;
Metodo 2° - torpilla e pallini;
Metodo 3° - solo pallini.
Il primo metodo riguarda l’utilizzo di un piombino (torpilla) che copre del tutto la grammatura supportata, o che lo tara in parte permettendo così di ricoprire anche situazioni di mare leggermente mosso. Sicuramente è il sistema migliore per affrontare la corrente ma non è il sistema migliore per affrontare un mare leggermente più formato, perchè noteremmo subito che ad ogni “passaggio” dell’onda il galleggiante tende ad affondare, in quanto sinteticamente il piombo è raggruppato in un unico punto e crea maggiore attrito ecc…
Il 2° e il 3° metodo sono oserei dire più tecnici e si basano sui seguenti punti critici.
In primis un accessorio che non deve mancare è il “dosapiombo” che vi permette di capire la reale capacità di taratura di un galleggiante con diverse numerazioni di pallini, tale sistema vi permette di preparare le lenze direttamente a casa (accorgimento essenziale).
Partendo dal presupposto che la pesca a galla si differisce (non mi stancherò mai di dirlo) dalle altre per la naturalezza della presentazione dell’insidia, descrivo subito la taratura che rende al 100% tale esigenza. La scalata di pallini infatti è il sistema più utilizzato per la presentazione di esche vive (tipo bigattino) e non, la peculiarità è una sola, si può far “calare” l’esca in maniera più o meno veloce rendendo la sua discesa e lo stazionamento in pesca molto naturale, il tutto è consentito ovviamente alla larghezza che si dà ad ogni singolo pallino. Una lunghezza crescente di pallini verso l’amo vuole anche dire minore rapidità dell’entrata in pesca, ma ciò non vuol dire solo aspettare la taratura completa del galleggiante ma consente invece di pescare “in caduta”, cioè di ricoprire un range d’azione più vasto, infatti da quando il galleggiante tocca l’acqua a quando si tara del tutto vi è la possibilità di insidiare prede o comunque di attirarle.
Un’altra tipologia di scalata è data dall’inverso di quella precedentemente esposta, ovvero dalla disposizione di pallini decrescente verso l’amo, tale struttura permette esattamente l’inverso, cioè un’entrata in pesca rapida ma sempre morbida, che in linea di massima si adotta quando vi è a mezz’acqua un po’ di minutaglia ma soprattutto nella ricerca di prede che preferiscono lo stazionamento dell’esca sul fondo e in presenza di corrente. Con un piccolissimo accorgimento ovvero la disposizione degli ultimi pallini larga si ottiene maggiore naturalezza che occorre quando i pesci sono svogliati.
L’utilizzo di torpilla e pallini invece è data soprattutto dalla presenza di minutaglia, in presenza di corrente e in tutte le situazioni dove serve la possibilità di unificare la torpilla con la scalata di pallini. Mi piace soprattutto con esche come pastoncino, gambero, cozza, scampi ecc… insomma dove si utilizzano 2 ami (bilancino).
Esempi vari:
Sicuramente la scelta della piombatura dipende dalla diffidenza e dalle abitudini dei pesci e dalla presenza o meno della minutaglia, infatti si deve sempre tenere presente che con una torpilla secca la lenza sarà molto “pesante”, il termine pesante non è riferito alla pesantezza complessiva della stesina ma alla sensibilità minore o maggiore che il pesce ha quando abbocca, infatti con torpilla sentirà un maggiore peso e l’esca avrà un movimento meno naturale.
Con esche “morte” quali gambero, cozza… dove si usa il “bilancino”, si può tranquillamente adottare una torpilla secca, o torpilla e scalata di pallini in quanto la naturalezza è data dalla lunghezza dei braccioli. Per esche vive, come il bigattino, il gambero, il coreano ecc… si possono utilizzare scalata di pallini e torpilla con scalata di pallini.
Quando gareggiavo (come la prassi imponeva) preparavo diverse scalate di diversa lunghezza e di diversa misura dei pallini che sostituivo subito adottando i microganci della stonfo, ma oggi però posso sinceramente dirvi che preparo il tutto sul posto, sia per il poco tempo sia perché valuto direttamente la tipologia di taratura e cerco di raggiungere nel più breve tempo possibile il giusto compromesso, ciò vuol dire che nell’arco della pescata non dovete soffermarvi ad un’unica soluzione, ma partecipare attivamente al minimo “sobbalzo” o movimento strano del galleggiante perché sono questi i segni che vi garantiscono una perfetta lettura dello “stato” dei peschi in pastura.
I pallini che vi posso consigliare di acquistare per poter affrontare una battuta di pesca a bolognese/inglese sono della (io uso Daiwa, Tubertini e Maver) devono essere di piombo morbido (in modo da poterli spostare con facilità) e perfettamente calibrati nelle misure del n. 4 al n. 12, solitamente prediligo i “contenitori singoli”.
Spero di avere illustrato il tutto con la massima semplicità perché è davvero difficile sintetizzare quasi 13 anni di tecnica acquisita e le infinite possibilità, ma vi garantisco che partendo da quanto detto e andando a fare parecchia pratica vi verrà istintivo
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