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Luglio 2006
Pelagici da riva...
Michele D Auria
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Nel termine “pelagici” (pesci di alto mare) viene tradizionalmente ricompreso una vasta etereogenità di specie; palamite , tunnidi, serra, lampughe, amia, ricciole, barracuda e aluzzo. Il comportamento di queste specie era per molti versi misterioso; ricompaiono sotto costa per pochi mesi all’anno per poi scomparire nel nulla. In realtà , negli ultimi anni, si è scoperto che , ad esempio, le ricciole non abbandonano le secche ma si spostano in quelle più profonde dove continuano a predare al limite tra la roccia e il fango. Il comportamento di altre specie di pelagici invece si è modificato negli ultimi 10 anni a causa dell’innalzamento della temperatura terrestre. I serra ormai accostano a maggio e ci lasciano a fine ottobre, in determinate zone del sud italia -caratterizzate da una miriade di foci d’acqua e dalla, susseguente, costante presenza di pesce-foraggio - sono stanziali per tutto l’anno in barba al termoclino e alla temperatura dell’acqua sotto costa. Le specie di pelagici più insidiate da terra sono essenzialmente tre; serra, amia e lampughe (tralascio gli sgombri, lacerti e lecce- stella perché sono ottimi pesci-esca per le suddette tre specie). Sono insidiabili sia dalla spiaggia (dove , sia detto per inciso, la profondità della stessa non incide sulla possibilità di catture multiple), sia dalle rocce che dalle foci.
Il comportamento delle suddette tre specie è simile; raggiungono grosse dimensioni (circa 11 kg per il serra, record mondiale IGFA all tackle di 15 kili, oltre 30 per la amia, stessa taglia del serra per la lampuga) sono pesci da alta pressione (bel tempo), cacciano a vista (quindi di giorno o con luna piena), sono in grado di ingurgitare pesci esca di dimensioni molto sostenute. Una differenza sostanziale tra i tre è che il serra ama la luna piena, le altre due specie sono inattive di notte.
Ma la vera differenza tra i pelagici in genere e altre specie di pesci è nel combattimento. I pelagici producono emozioni fortissime al pescatore , lottano fino allo sfinimento producendosi in partenze al fulmicotone e salti fuori dall’acqua. Cominciamo dagli attrezzi. Sfatiamo subito una diceria. Ci vogliono canne potenti ma pastose, una canna troppo rigida allunga la leva a favore del pesce perché non si deforma meccanicamente nel combattimento (eccovi spiegato perché le canne da traina sono corte). Per i mulinelli fisso o rotante non fa differenza; l’importante è la modulabilità della pressione, gettonatissimi i mitici Mitchell 498, Daiwa Millionmax , Daiwa BG , Penn SS, Ultegra, una capienza di circa 200 mt del 50 è d’uopo per l’amia, per il serra/lampuga (se il manico è di quelli buoni) si può scendere anche al 25 in bobina, Comunque è opinione dello scrivente che il rotante abbia , specie in questa tecnica di pesca, una marcia in più rispetto al fisso; ciò non vuol dire che con i fissi non sia possibile catturare fior di pesci, tuttaltro.
Circa gli ami si spazia dal n. 1 (per pesci-esca di dimensioni contenute alle prese con pelagici diffidenti) al 7/0, con la misura 3/0 più usata in assoluto, i modelli sono essenzialmente due; ‘O Shaug per i tranci, live bait o beak per esca viva. Un cenno al materiale; il rispetto verso il pesce esige che venga usato il carbonio (filo doppio) al posto dell’acciaio inox, sportività innanzitutto; se ci sfugge il pesce perché condannarlo a passare tutta la vita con un amo in acciaio infisso nel corpo? La tattica di pesca (e la conseguente travistica) varia di molto a secondo del luogo di pesca: palloncino e/o galleggiante in deriva (foce o vento di terra), LA basso, Pezzetto Heavy Metal, teleferica.
Attenzione all’uso della specie del pesce-esca con la teleferica; il cefalo ha la brutta abitudine di spiaggiarsi quando viene attaccato dal predone pelagico! Ottima la mobilità (e i riflessi luminosi) della stella e dell’aguglia, Ma qualsiasi pesce esca va bene: salpe, saraghi , boghe grosse, occhiate (strepitose nelle poste vicino a promontori). Importante ,a mio parere, è il settaggio della frizione dei mulinelli a secco (nel garage) mediante semplici bottiglie d’acqua in plastica , ringrazieremo di non averlo fatto mentre un treno ci svuota il rot :-) un 50% del carico di rottura allo strike mi sembra un buon compromesso, soprattutto ricordiamoci una regola semplice semplice: quando il pesce tira noi non dobbiamo tirare a nostra volta. Aspettiamo che si fermi per ossigenarsi e recuperiamo il filo che ci ha sbobinato, “il pesce grosso deve schiattare a mare” si dice dalle mie parti. Per evitare i salti (anche se a me piace vedere il pelagico saltare uso marlin) basta non combattere con la canna in verticale ma parallela all’acqua.
Un’altra cosa, quando il pesce è nelle vicinanze della battigia controllate sempre che l’angolo tra il filo e la cima della canna non sia mai inferiore a 90° altrimenti rischiate di spezzare il cimino della canna...
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