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Marzo 2010
Pocket Beach
Emanuele Velardita
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La piccola caletta incastonata tra alti promontori che chiudono a ferro di cavallo spingendosi verso il largo, è l’esempio più classico di pocket beach.
Ovvero, una spiaggia piccola e raccolta, spesso chiusa da alti promontori, dal disegno marcatamente curvilineo e dal fondale disseminato di buche e spesso “macchiato” da scogli sia sommersi che affioranti.
Questi particolarità, danno un’idea delle loro potenzialità e del loro atteggiamento nei confronti delle perturbazioni.
Infatti, da una parte, la ridotta superficie, non favorisce sicuramente l’entrata in pascolo dall’esterno; dall’altra, la presenza di rocce e tane, fa supporre una presenza più o meno continua dello stanziale.
In ultimo, I promontori ai lati, che spesso chiudono e ferro di cavallo, riparano lo spot dalle perturbazioni.
In pratica, anche qui il vento arriva generando l’effetto onda, ma in maniera differente alla classica spiaggia aperta, sia per via della particolare morfologia del fondale, sia, appunto, per la copertura data dai promontori.
Quando e perché.
Sappiamo che il Surf Casting, nella sua essenza, non può sottrarsi ad alcune regole fondamentali.
La prima di queste è il fattore onda che ara il fondale facendo affiorare quel pabulum che, nel tempo, è maturato sotto la coltre sabbiosa.
Il corollario è che la preda tipica del Surf, giungendo dai banchi di posidonia posti al largo rispetto all’arenile, si avvicina alla costa sfruttando i canali di entrata alla costa.
E i motivi che la inducono a comportarsi, partono sicuramente dalle maggiori possibilità alimentari che una condizione del genere crea, ma arrivano alla temperatura dell’acqua, resa certamente più mite dagli attriti generati durante la mareggiata.
Evidentemente, interpretata in questa chiave, la Pocket Beach non può rappresentare una regola ma un’eccezione.
Un’eccezione non solo perché la sua superficie limitata ed è ragionevole supporre che l’avvicinamento delle prede le interessa in maniera marginale, ma anche perché il moto ondoso che le smuove non è tale da dissodare e disegnare un fondale pregevole ed interessante.
Quanto detto non deve comunque depistare.
La Pocket è un’eccezione molto importante, poiché è a questa particolare tipologia di spiagge che il surf caster si rivolge – o è portato a rivolgersi – quando, valutate le condizioni meteo e marine, le risultanze non depongono oggettivamente a favore della spiaggia aperta.
La Strategia.
Quanto appena detto, impone chiaramente una diversa strategia d’approccio.
Saltano piè pari le certezze – ammesso sempre che di certezze si possa parlare – che riguardano l’analisi dello spot alla ricerca di segnali che scoprano i punti potenzialmente più favorevoli.
Nel nostro caso, infatti, riccioli e schiumate tracciano la mappa di un fondale dal lento e uniforme digradare ma accidentato dalla presenza di scogli di scogli, piuttosto che da buche e canali.
Inoltre, l’ampiezza limitata di un bagnasciuga dall’andamento marcatamente curvilineo ma omogeneo, completa un quadro in cui salta anche la regola de “L’ultimo frangente” per introdurre l’eccezione de “Il perimetro e le zone di pascolo”.
In questo senso, non è la distanza ma la precisione nel lancio ad avere la meglio.
Precisione, nel porre le esche ai margini delle macchie e delle schiumate e precisione nel non superare, con un perfetto quanto inutile gesto atletico, i confini di un perimetro comunque abbastanza ristretto, da battere più in largo che in lungo.
Certo non è una regola ma il risultato di uno spicciolo ragionamento.
Se l’attenzione è rivolta alla preda stanziale, che stanziale è, per definizione, sono perché ha scelto di fermarsi e vivere in quell’habitat piuttosto che in un altro, la ricerca andrebbe fatta dove è presumibile che questa possa trovare del cibo.
Quindi, innanzi tutto i margini degli scogli sommersi o che affiorano dall’acqua, oppure i lati della spiaggia in prossimità dei promontori.
In questo senso, diventa principale un corretto allestimento della postazione, con canne ben distribuite e distanziate per coprire al massimo le zone d’interesse.
Le Prede.
Si è fatto tanto parlare di prede, definendole stanziali.
Ma quali sono le specie che decidono di vivere in un luogo del genere?
Sicuri che non si tratta di enormi quantità, è pur certo che le Pocket, affrontate con metodo, riescono a regalare soddisfazioni difficilmente ripetibili in una spiaggia aperta.
Le specie che ne popolano i fondali sono poche e variano in base alle caratteristiche specifiche del fondale e dei promontori, nonché delle condizioni meteomarine.
Innanzitutto, tra le frane di schiuma che circoscrivono gli scogli, non è raro l’incontro (anche e sopratutto di giorno) con il grosso sarago in pascolo sotto di essi (nei pressi dei quali, probabilmente ha scelto anche la tana).
L’orata è sicuramente più rara, ma non impossibile, stazionando spesso all’esterno, in prossimità di eventuali banchi di posidonia.
Anche la spigola, ha una sua specifica allocazione in questo quadro.
Spesso caccia ai margini dei promontori, e non è un caso se, dai promontori stessi, viene tentata dagli spinner mentre è in caccia.
Ad ogni buon conto, è indiscutibile che, la Pocket Beach è il regno incontrastato dei grossi gronghi.
Al calare della notte, prescindendo da qualsiasi condizione di mare, iniziano a cacciare sul fondo alla ricerca di cibo e, in alcuni casi, non danno tregua alle nostre esche.
È questo il motivo per cui la Pocket Beach, rappresenta la miglior nave scuola per chi intende avvicinarsi al Surf vero, con una certa coscienza.
È su questi lidi che, infatti, si affinano quelle doti tecniche e caratteriali indispensabili, in seguito, per affrontare degnamente le spiagge aperte e le loro – altre e diverse – insidie.
Ed è qui che il surf caster navigato, ritorna quando, demotivato, ha bisogno di nuovi stimoli per rinverdire la sua passione.
Ave atque vale
Emanuele Velardita.
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