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Agosto 2010
Pesca all’aguglia con la bombarda
Nello Cataudo
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E’ probabilmente una delle tecniche di pesca fra le più praticate lungo le nostre coste sul finire dell’estate. Anche se le prime catture di aguglie si possono già effettuare in primavera, è nel periodo che va a partire della bella stagione, fino ad ottobre/novembre, che esse si avvicinano più numerose alla costa. Nelle ultime settimane utili, se da un lato il numero delle catture per battuta va diminuendo, è anche vero che va salendo la taglia dei singoli esemplari, e il superamento della lunghezza di 50 cm non è più un evento straordinario.
Attrezzature
Ciò che occorre essenzialmente sono poche cose, tanto che, chi pratica tale pesca arriva sovente a mare con appena una canna e un secchiello, con dentro alcuni accessori di ricambio, e uno straccetto. Comunque, al fine di ottimizzare al massimo l’azione, e soprattutto il risultato, è opportuno individuare sin dall’inizio quello che meglio può fare al caso nostro.
La canna: esistono in commercio delle “canne da bombarda”, appositamente create per questo genere di pesca, ma è anche vero, che queste possono essere individuate fra le canne per la pesca alla trota in laghetto. Infatti, manco a dirlo, si tratta dell’ennesima tecnica di pesca per le acque interne, esportata poi con successo anche in mare. Comunque, questa dovrebbe essere leggera, sottile, con fusto abbastanza reattivo, e azione di punta, lunghezza 4,20-4,50mt, e potenza 20-50gr circa. Le buone qualità dell’attrezzo ci saranno parecchio d’aiuto durante la battuta, in quanto si svolgerà con la canna sempre in mano, e oltre a non affaticarci il polso, dovrà consentirci una pronta ferrata all’istante opportuno. Lunghezze inferiori ai 4,00mt possono creare problemi al momento di portare il pesce nelle immediate vicinanze del guadino (si pesca prevalentemente da scogliera). Lunghezze superiori ai 4,50mt possono creare problemi di eccessivo ingombro (non sempre alle nostre spalle abbiamo spazio a sufficienza). La potenza delle canna è stabilita ovviamente in funzione al peso delle zavorre che andremo a lanciare (bombarde da 20 a 40gr).
Il mulinello: un modello generico, di taglia media (misura 4000 per stare dentro le sigle adottate da Shimano), di ottima fattura e buona fluidità di recuperò è ciò che meglio fa al caso nostro. Taglie più piccole, ci costringeranno ad agire con maggiore velocità sulla manovella stancandoci prima di fine battuta. Taglie più grandi appesantirebbero inutilmente troppo l’assieme. Il diametro del filo da avvolgere in bobina può essere compreso fra 0,18 e 0,22.
La bombarda: fiumi di inchiostro sono stati versati nel corso del tempo per parlare di questo accessorio. D’altra parte una completa trattazione richiederebbe più di un articolo per affrontare l’argomento in maniera esaustiva. Per chi sia ancora alle prime armi in tema di bombarda è però indispensabile dire appena un paio di cosette. Le bombarde si suddividono i tre tipi: galleggianti, semiaffondanti, e affondanti. Il tipo che fa meglio per noi è quello semiaffondante. Vi occorrono inizialmente un paio di grammature soltanto: 25 e 35 grammi. Acquistatene almeno un paio per tipo. Noterete che sul corpo di queste ultime vi sono impressi due dati. La grammatura totale (ad esempio 25gr) e il coefficiente di affondamento in acqua (ad esempio 5gr). Questo secondo dato ci indica che in acqua la nostra bombarda, pur avendo un peso complessivo di 25gr affonderà invece come una zavorra da 5gr. Pur trattandosi di una tecnica di pesca in superficie, è anche vero che, in alcune condizioni che andremo ad esaminare, i pesci verranno allamati qualche metro più sotto. L’utilizzo delle bombarde semiaffondanti ci permette di condurre una pesca con un raggio d’azione più ampio
Preparazione del calamento
Si fa passare il filo della bobina attraverso il foro sul tubicino in plastica della bombarda, per utilizzarla scorrevole sul trave. Si inserisce sotto di essa si un tubicino in gomma lungo qualche centimetro come ammortizzatore, poi una sferetta forata come salvando. Seguirà una piccola girella, meglio se doppia o tripla, per bloccare il tutto. Da questa poi si dipartirà il finale vero e proprio, utilizzando un monofilo Ø0,18-0,20, lungo 1,50-2,50mt circa, al quale va fissato un unico amo in carbonio N.12 o 14 a gambo lungo. Sconsiglio diametri più sottili, parlando sempre di monofili standard e non di fluorocarbon, in quanto tante volte peschiamo da postazioni accidentate, ed è quasi impossibile gestire con una mano il guadino e con l’altra la canna, senza correre dei rischi per la nostra incolumità. Meglio salpare la preda di peso!
Per quanto riguarda gli ami, se da un lato quelli più minuti a gambo medio o mediocorto, in fase di allamata, si troveranno ben conficcati ben all’interno della bocca, è anche vero che l’utilizzo di quelli a gambo lungo facilità parecchio l’innesco e la risalita del verme sul filo, oltre che la slamatura del pesce. Risultano molto utili quelli dotati di ardiglioni ferma esca, per non farla sfilare durante il lancio.
Esche
Le esche che possono essere utilizzate sono molteplici. Si spazia dai piccoli artificiali ondulanti alle esche vive come bigattini e coreano, passando per l’innesco di una striscia di pelle di sardina con un po’ di filetto attaccato. In alcune zone dell’Italia l’utilizzo di quest’ultimo tipo di esca ha fatto si che questa tecnica sia denominata anche “striscio”. Ho personalmente provato l’utilizzo della striscia di sarda, sia i bigattini, e il coreano. I migliori risultati li ho avuti con l’impiego di quest’ultimo. Credo che questi sia maggiormente attirante, perché al movimento lineare della trainetta, gli si aggiunge anche il continuo dimenarsi dentro l’acqua. La prova che avvalora questa mia ipotesi è che quando il verme comincia a perdere vitalità, dopo essere stato utilizzato per diversi lanci di seguito, va a finire che non si hanno mangiate come in precedenza. Poi, al primo rinnovo dell’esca, la “musica” riparte come prima.
Azione di pesca
Si svolge lanciando verso il largo da una punta o un promontorio roccioso (vanno benissimo le punte dei moli). Qualche istante dopo che il calamento ha toccato la superficie dell’acqua si comincia a ritirare lentamente, sino a quando il tutto non raggiunge i nostri piedi. A questo punto si rilancia e l’azione ricomincia. Insomma, una sorta di spinning, dove però con l’aggiunta della bombarda si ottiene un duplice effetto: si fa arrivare molto più lontano l’esca, e la si fa “lavorare” meglio all’affondamento voluto.
L’aguglia è una specie gregaria con abitudini pelagiche. Si avvicina comunque alla costa già nel periodo primaverile, per la riproduzione. E’ un vorace predatore che predilige cacciare lungo le scie di corrente che lambiscono le nostre coste. Individuare quest’ultime è cosa semplice: sono in sostanza quelle zone in cui la superficie del mare appare più liscia e meno increspata rispetto alle aree circostanti. Una sorta di fiume “piatto” dentro il mare. E’ buona norma riuscire a lanciare la nostra esca leggermente oltre, e poi farle attraversare questo tratto potenzialmente fertile. Le aguglie, quando ci sono, si muovono dentro esso e nelle sue immediate vicinanze. E’ consigliabile proseguire con la nostra azione di pesca anche dopo averlo attraversato in quanto avremmo già potuto “agganciare” qualche pesce, ma che ancora non si sia del tutto deciso ad attaccare. Le aguglie si possono insidiare durante tutto l’arco della giornata, ma le ore che danno maggiori risultati sono quelle che vanno dal tardo pomeriggio all’imbrunire.
Consigli pratici
Durante la fase finale del lancio può essere utile frenare leggermente la fuoriuscita del filo della bobina sia per non far affondare eccessivamente la bombarda, durante i primi istanti che impiegheremo per il recupero della lenza in bando, sia per far distendere l’amo con l’esca in avanti, per scongiurare il rischio di ingarbugliamento del finale intorno alla bombarda stessa.
L’azione di recupero dovrà preferibilmente avvenire con fluidità e velocità costante. E’ utile provare di tanto in tanto anche a variarla, o a fermarsi qualche istante per poi ripartire. E’ deleterio ferrare fulmineamente alle prime avvisaglie di attacco, in quanto questo pesce è solito sferrare prima degli attacchi per tramortire la preda e poi ad ingoiare.
A tal proposito preferisco non innescare vermi interi quando sono eccessivamente lunghi. Ho l’abitudine di far calzare l’esca di un 3-4cm sull’amo, per coprirlo abbondantemente, e a lasciarne leggermente meno, circa 3, a scodinzolare durante il recupero. Lunghezze maggiori possono portare sicuramente a maggiori attacchi da parte dei pesci, ma allo stesso tempo a maggiori ferrate a vuoto.
Ogni 3-4 catture è consigliabile eliminare gli ultimi centimetri del finale e riannodare l’amo più in alto, su un tratto di filo che i pesci non hanno ancora potuto rovinare con i sottili e affilatissimi denti del rostro.
Non è detto che le bombarde di grammatura maggiore consentano di effettuare lanci più lunghi. Ciò dipende dall’equilibrio di tutto il sistema, e cioè canna, diametro del filo in bobina, potenza e corretta esecuzione del lancio. L’utilizzo di una bombarda di grammatura maggiore trova invece una sua utilità per condurre l’azione di pesca ad una profondità maggiore, a parità di velocità di recupero.
All’inizio affermavo di parlare di una pesca di superficie, ma è altresì vero che quando la superficie dell’acqua è increspata, le aguglie preferiscono stare in caccia qualche metro sotto. Saranno dunque questi i momenti in cui è opportuno utilizzare le bombarde più pesanti.
Per la pesca alle aguglie, attenti a non portarvi a mare un secchiello troppo piccolo!
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