ARTICOLI
 
Ottobre 2008
Night and Day
Emanuele Velardita





In principio, era la notte a vedere lo scer protagonista indiscusso della spiaggia.
Si iniziava un paio di ore prima del tramonto e si finiva sempre dopo l’alba.
Forse per comodo, o anche per curiosità, alcuni hanno iniziato a tentare le spiagge anche di giorno, scoprendo che, quelle condizioni essenziali ritenute appannaggio esclusivo delle ore notturne, di fatto sussistevano anche in pieno giorno, pronte ad esser studiate e sfruttate nel migliore dei modi.
Del resto, che il pesce pascoli anche di giorno, non è una novità.
Il caso orata è emblematico.
Cattura sporadica di notte e regina incontrastata delle ore diurne, la sua pesca, con il passar del tempo, è diventata tecnica a se stante distinta da regole ben precise ed imprescindibili.
Il tradizionalista obietterà che non di Surf si sta trattando, ma di “vile” pesca a fondo.
Ma, per i più scettici, la comprova la possiamo cercare e trovare in altre tecniche, come lo spinning.
Caso in cui, come ben sappiamo, non è rara la grossa spigola, catturata facendo lavorare l’insidia tra la schiuma di una mareggiata in pieno giorno.
Ma, tra il giorno e la notte, esistono delle differenze decisive, importanti da analizzare ai fini di una pianificazione della battuta che si riveli potenzialmente vincente.
Correnti e Maree.
Il motivo sul perché il Surf in Mediterraneo si è sviluppato come pratica imprescindibilmente notturna, è da ricercare nella limpidezza delle nostre acque.
Diversamente, l’esperienza anglosassone ci insegna che, se l’acqua è sempre torbida, tanto vale tentare di giorno piuttosto che sfiancarsi la notte.
Nonostante sia inopinabile che le situazioni che affrontano Peter e John in terra di Albione, non possano essere paragonabili a quelle affrontate da Pietro e Giovanni lungo le nostre coste, è pur vero che, nel bel mezzo di una mareggiata, il rimescolamento sarà tale da velare completamente le acque.
In passato si sosteneva che ciò sfavorendo una corretta ossigenazione dell’acqua, non fosse ideale per l’avvio della catena alimentare.
L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che, tra quel fango, qualcosa gira ed è disponibile alla cattura.
Un altro elemento da non sottovalutare, è dato dall’influenza della luna sulle correnti.
Un’influenza particolare, foriera di cambiamenti importanti sul fondale, soprattutto riguardo alla presenza di alghe.
Senza voler entrare nel merito – anche perché, diciamolo pure, poco o nulla ne sappiamo – un dato è comunque interessante.
in determinati casi, spiagge che di notte si rivelano impraticabili a causa delle alghe, nelle ore diurne si presentano completamente pulite; oppure – ma non è diversa come considerazione – ciò che di giorno identifichiamo ammassi galleggianti facilmente affrontabili, di notte si addensano e appesantiscono, distribuendosi uniformemente fino a raggiungere il fondale, impedendo, di fatto, una corretta azione di pesca.
E ciò, indipendentemente dal cambio di marea che, come ben sappiamo, acuisce o diminuisce notevolmente il problema.

Le possibilità.
Parlando sempre di ore diurne, altro elemento da non sottovalutare è l’attività delle varie specie.
Se da una parte scompare di scena il grongo, dall’altra lo segue il sarago, principe dell’onda e preda tipica del Surf notturno.
La sua cattura sarà dunque sporadica e occasionale, quasi improbabile soprattutto in quegli spot che non presentano caratteristiche ben definite (tipo Pocket Beach o fondali misto rocciosi, con accertata presenza di stanziali).
Particolare, invece, il comportamento di spigole e mormore.
Per quanto riguarda la prima, da buona cacciatrice meteopatica qual è, non ha particolari problemi a ricercare il cibo tra la schiuma anche di giorno.
La sua cattura, dunque, non è sporadica, né casuale; bisogna crederci e tentarla, ma meglio se in concomitanza di un cielo velato e instabilità barica.
Per le seconde invece, accade un fenomeno strano.
Diminuisce in percentuale ma le, poche, catture saranno sempre di dimensioni molto interessanti e, è qui il dato strano, attaccheranno finali ed esche dedicati ad altre prede ed, eufemisticamente, non proprio tradizionali.
Aumentano le possibilità di incontrare qualche razza di taglia come anche qualche altro predatore, come la tanto desiderata leccia amia.

Spot, esche e travi.
Un quadro siffatto, evidentemente, porterà lo scer a pianificare la battuta scegliendo, con molta oculatezza, spiagge ed esce appropriate alla situazione.
Riguardo alla spiaggia, scartati i lunghissimi spiaggioni a bassissima energia, saranno da preferire quelle spiaggie a energia medio/alta, possibilmente in prossimità di qualche foce.
Un’alternativa valida, sebbene più complessa da decifrare, è la spiaggia a fondale misto di dimensioni medio/piccole e incastonata tra alti promontori, da affrontare con lanci mirati nelle buche alla ricerca del pesce stanziale.
Basilare è anche la corretta scelta su dove allestire la postazione.
Parlando di spiagge d lunghezza non indifferente, Il canalone o la punta del centro spiaggia – scelta classica delle ore notturne – cede il passo alle postazioni laterali, situate ai margini dell’arenile ed in corrispondenza degli anfratti rocciosi che ne delimitano l’ampiezza.
Il perchè, probabilmente, è da ricercare nel diverso approccio all’alimentazione delle varie specie che, a differenza di quanto fanno durante la notte, preferiscono muoversi lentamente ed in un perimetro molto ristretto.
Parlando di esche, quelle maggiormente sanguigne e molto proteiche si rivelano, in questo caso, più efficaci rispetto a quelle bianche, probabilmente a causa della maggiore componente olfattiva che le contraddistingue.
La scelta, dunque, ricadrà su un buon assortimento di tranci ricchi di grassi e oli, come sarde e sugarelli.
Per completare potremmo aggiungere un buon anellide e qualche bivalve.
Se non vogliamo lasciare nulla di intentato, è questo il caso in cui il cannolicchio può dare il masismo.
Nonostante il colore perlaceo, ha un forte profumo ed è gradito alla maggior parte delle specie insidiabili.

Impostazione e travi.
Mantenendoci su linee molto generali, l’impostazione prevede l’utilizzo di almeno una coppia di attrezzi da far lavorare a distanze differenti.
Il primo, montato e puntato in direzione della foce lavorerà ad una distanza medio corta, ricercando la preda nella prima fascia di pascolo.
È questa la situazione in cui, finalmente, potremo concederci il lusso di lungo finale montato in prossimità del piombo e innescato con un bel trancio, senza preoccuparci che qualche grongo renda vana l’insidia.
Con l’altro attrezzo, ci cureremo invece della ricerca sulla distanza che sarà veramente notevole grazie alla luce che, com’è noto, alleggerisce e snellisce il gesto del lancio, soprattutto per chi utilizza i rotanti.
In questo caso, ottimi alleati saranno, da una parte il Pezzetto Domiziano, che unisce mobilità al finale pur non perdendo in aerodinamicità; dall’altro il Paternoster, da preferire in versione con finali lunghi, da innescare con esche differenti per aumentare le possibilità id cattura.
È intuitivo che, la dinamica della battuta sarà più rilassante rispetto a quella di una classica notturna, con attese più lunghe ma sicuramente meno snervanti.
Assenti del tutto granchi e minutaglia – che, durante la notte, non danno tregua ai poveri inneschi e fanno saltare i nervi anche ai più pazienti – la cadenza di lancio e recupero, sarà più umana e meno impegnativa, stabilita, soprattutto, dalla durata dell’efficienza dell’esca in acqua.

Night & Day o Day & Night?
Da quanto appena detto, possiamo affermare con una certa serenità che, pescare di giorno si può.
Ma questo non può, e non deve, significare che la soluzione notturna sia da mandare in pensione nella sua totalità.
È più plausibile, a mio modesto avviso, che le due soluzioni vadano fuse insieme, permettendoci di poter pianificare – seguendo le tavole di marea, le perturbazioni e le loro evoluzioni, e le altre tante variabili – una battuta che interessi almeno due cambi di marea e che segua anche l’evolversi della perturbazione.
Il tutto, compreso nell’arco di almeno dodici ore (ma potrebbero essere qualcuna in più), che possono partire, dall’alba e concludersi qualche ora oltre il tramonto.
Del resto, se l’alba ha da sempre riservato qualche sorpresa allo scer ormai stremato da un’intera notte passata a guardare le cime, non si vede il perché l’iter non debba esser invertito, pur mantenendo, di fatto, le stesse potenzialità.
A conti fatti, pur non essendo poche ore, sono tante quante ne richiederebbe una battuta di notte.
Ma, a differenza di quest’ultima, la stanchezza sarà più affrontabile, rimarremo sempre con una buona riserva di energie per affrontare il viaggio di ritorno e, dato certamente da non sottovalutare, alleggerirà di molto il generale malcontento di mogli, fidanzate e familiari, nonché noi stessi e la nostra coscienza per averli abbandonati un’intera notte.
Emanuele Velardita.



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