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Luglio 2007
Condimeteo 2
Mimmo Presti da Siracusa
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IL VENTO
Cari amici oggi cercheremo di conoscere e capire, spero meglio, uno degli elementi naturali della meteorologia che a noi pescatori sportivi e non, interessa particolarmente.
Iniziamo innanzitutto a dire che il vento è un movimento di aria più o meno orizzontale sulla superficie terrestre ed è generato dalla differenza di pressione atmosferica tra zone diverse della terra e la temperatura dell'aria.
I venti possono originarsi a causa della radiazione solare, che scalda in modo maggiore un'area rispetto una vicina, magari ombreggiata: l'aria calda salendo crea un "vuoto" che l'aria fredda deve riempire (generalmente piccole correnti d'aria).
Altri venti si generano per convezione, per un principio simile a quello sopra, l'aria calda sale e quella fredda scende, fenomeno che genera le "brezze marine": brezza dal mare di giorno (il mare si scalda più lentamente per cui manda l'aria fredda verso terra, più calda) e da terra di sera (il mare scaldandosi dopo si raffredda più lentamente della terra, più fredda).
Venti più importanti si generano per la rotazione terrestre, a causa della deviazione che la stessa impone alle correnti d'aria (andamento ciclonico).
Lo studio dei venti ha inizio nell’antichità, infatti se ci troviamo ad andare ad Atene, troviamo la Torre dei Venti (detta anche Torre di Andronico) che non è altro che una costruzione ottagonale ed ogni lato rappresenta una direzione del vento.
Su questa torre si trovava una immagine girevole che secondo quale tipo di vento soffiava andava ad orientarsi con un lato della torre (su ogni lato della torre una immagine raffigurava l’idea del tipo di tempo che si aveva con quel vento) indicando la direzione del vento.
Arrivati nel Medio Evo i navigatori italiani associavano la rosa dei venti alla bussola e distinguevano così le otto direzioni in: Tramontana, Bora o Settentrione (nord); Grecale (nord/est); Levante o Oriente (est); Scirocco (sud/est); Ostro, Meridione o Mezzogiorno (sud); Libeccio (sud/ovest); Ponente o Occidente (ovest); Maestro (nord/ovest).
I quattro punti principali, nord, sud, est e ovest, sono detti cardinali perché rappresentavano, per gli antichi, i cardini del mondo.
Il vento da nord è detto tramontana perché giunge attraversando i monti, quello da sud ostro, dal latino auster, perché di provenienza australe.
I venti da est e da ovest sono detti levante e ponente, con riferimento al sorgere e al tramontare del sole.
Il nome dei punti intermedi indica in genere le regioni dalle quali i venti sembrano provenire: per un osservatore che si trovi al centro del mare Ionio, il vento che soffia da nord-est (greco) sembra provenire dalla Grecia; quello di sud-est (scirocco) dalla Siria; quello di sud-ovest (libeccio) dalle coste della Libia; quello di nord-ovest, infine, è chiamato maestro o maestrale, perché considerato il vento predominante nel Mediterraneo.
In seguito si identificarono altre otto direzioni di intermezzo alle otto già esistenti ma di scarso interesse in quanto molto raramente si trova un vento che soffia da quelle direzioni.
Esiste anche un altro sistema per indicare la direzione del vento ma è molto approssimativo ed è evidente il perché, esso fa uso dei quadranti, I, II, III, IV, numerati a partire dal nord e in rotazione nel senso delle lancette dell'orologio (orario) ed ogni quadrante risulta quindi di 90 gradi, ecco spiegato il perché dell’approssimatività di tale sistema.
Nella moderna meteorologia si utilizza invece la suddivisione azimutale che va da 0° a 360°, per cui, ad esempio, un vento da sud è un vento di 180 gradi.
Alcuni esempi della suddivisione dei venti sono rappresentati in figura 1 e figura 2.
La forza del vento, si misura in metri al secondo (m/s) e deriva dalla formula fisica V= S/T (dove V è la velocità del vento, S è lo spazio percorso in metri e T è l’unità di tempo in secondi).
In meteorologia invece, per ragioni legate alla navigazione marittima (ed aerea), è in uso, come unità ufficiale, il nodo (kt), corrispondente a un miglio nautico/ora.
Gli strumenti per misurare il vento sono gli anemometri o anemografi.
In campo meteorologico, poiché in prossimità del suolo il vento varia in continuazione, per confrontare i dati anemometrici forniti dalle varie stazioni meteo, si è convenuto che i trasmettitori siano posti su un palo ad un'altezza di 10 metri dal suolo, su un terreno pianeggiante e libero da ostacoli.
Esempio di anemometro è rappresentato in figura 3 .
In considerazione che l'aria in prossimità del suolo, a causa della rugosità della superficie terrestre, non può scorrere con velocità e direzione costanti, il vento assume diverse definizioni in funzione delle variazioni che subisce.
Quindi il vento possiamo definirlo "vento teso", se le oscillazioni sono piccole; "vento a raffiche" quando la sua velocità ha una variazione in aumento di almeno 10 nodi, per una durata inferiore a 20 secondi, con direzione quasi costante rispetto al valore delle medie. E' definito "Vento turbinoso" quando cambia in continuazione direzione e velocità.
Quando ci si trova senza strumenti per individuare la direzione e la forza del vento non dobbiamo scoraggiarci in quanto possiamo stimarlo a vista con semplici metodi:
* Per la direzione, ove possibile, può essere utile osservare l'andamento del fumo, che rende visibili correnti aeree anche molto deboli, oppure la direzione verso la quale si sposta l'ombra delle nubi basse, la posizione delle bandiere, la direzione verso la quale sono spinte le onde;
* Per la misura approssimativa della forza del vento, invece, possiamo determinarla osservando gli effetti che esso produce sulle cose e gli oggetti che si trovano all'aperto. Da ciò ha origine la scala Beaufort, una misura pratica della velocità del vento, che prende il nome dal suo ideatore Francis Beaufort, che individua 12 gradi di intensità definiti dagli effetti del vento sul mare che viene mostrata nella tabella sottostante.
Per una più facile comprensione e consultazione visionare figura 4 e 5.
by mimmo
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