ESCHE
 
Ottobre 2006
Bibi (Spinculus nudus)
Emanuele Velardita



Denominazione scientifica e habitat
Il bibi (spinculus nudus) è un anelide bilaterale, provvisto di proboscide retrattile al cui apice si trova una bocca provvista di piccoli tentacoli, appartenente alla famiglia dei Sipunculidi.
Il corpo è caratterizzato da una cuticola dura e quadrettata, che fa da sacca ad un liquido ritenuto, da alcuni, il vero elemento catturante; di colore perlaceo e trasparente nei primi anni di vita, crescendo diventa più scuro, ambrato e, pur mantenendo sempre una certa trasparenza, si riempie di sabbia, che gli conferisce un colore marrone oscuro tipico degli esemplari più adulti.
Decisamente longevo, può raggiungere diversi anni di età e la lunghezza anche di parecchie decine di cm.
Presente in Mediterraneo a diverse profondità, vive immerso nella sabbia, da cui viene strappato dalle forti mareggiate e spiaggiato insieme alle alghe e alla detritica classica.
Fondali e stato del mare
Il fatto che viva immerso nella sabbia ne fa un’esca indirizzata a qualsiasi tipo di fondale; le dimensioni anche decisamente grosse in cui si trova in natura, invece, ne fanno un’esca non solo destinata a rendere con qualsiasi condizione meteomarina, ma anche ideale sia alla pesca da spiaggia ma anche a quella da natante (come bolentino o il conzo).
Un’esca generica, dunque, che non dovrebbe mancare mai tra quelle utilizzate, sia che si affrontino le grandi mareggiate, le scadute, o la ricerca a lunga distanza nelle giornate di calma.

Specie insidiabili
La presenza su tutti i litorali ne fa un’esca decisamente universale in quanto è indirizzabile a tutte le prede tipiche, soprattutto, della pesca da spiaggia; infatti, da una parte, viene considerata l’esca regina per gli orate e saraghi e le grosse mormore, ma, contemporaneamente, mantiene un certo ascendente anche su altre specie tipiche della sabbia o dei fondali misto sabbiosi, come scenidi (ombrine e corvine) e pleuriformi (razze e rombi).

Trave numerazione e tipologia di ami
Tecnicamente, è un’esca che si adatta ottimamente sia a travi monoamo, quali il Monorip, che a travi pluriamo, come il classico Pater Noster.
Il finale verrà confezionato come diametri e lunghezza, sia in base al trave utilizzato, che in base alle dimensioni dell’esca, alla specie da insidiare e, chiaramente, alle condizioni del mare.
Che sia nylon o fluorocarbon si parte comunque da diametri come lo 0,25 fino a giungere a quelli più sostenuti, dello 0,50.
Questo, ovviamente, vale anche per la scelta della misura dell’amo che, giusto per dare un’idea, partirà dal 6 per giungere agli zerati.
Indipendentemente dalla misura, ciò che preme sottolineare è la foggia dell’amo che, per ottenere il massimo in termini di resa dell’inganno, dovrà rispettare determinate caratteristiche, sia che si tratti di innesco vivo o rivoltato.
Per il primo una curva molto ampia, che faciliti lo scorrere dell’esca dall’ago al finale, con un ottimo indice di penetrazione e grandi capacità di robustezza alle trazioni è certamente quello che serve.
Diverso, invece, il discorso per l’innesco del trancio, il quale ospiterà ami possibilmente dalla foggia più snella e dalla curva più “umana”, pur mantenendo le caratteristiche di robustezza finale, visto la selettività dell’esca e la capacità ipotetica delle prede a cui si rivolge.
Dando delle indicazioni, esclusi gli ormai obsoleti Aberdeen, per via della loro elasticità e poca robustezza ormai accertata, ci rivolgeremo, per il bibi vivo, verso ami a gambo corto come i Beak e, per quello da innescare rovesciato, verso ami gambo medio/ungo come gli Spearpoint (che facilitano l’ingoio) e gli intramontabili, nonché robustissimi, O’Shougnessy.
Ottimi, anche gli ami da carpa dalle fogge più simili a quelle testè accennate.

Modalità di innesco
Anche qui si percorreranno strade differenti a seconda della misura e della tipologia dell’esca.
Per i classici bibi da scatola, da innescare vivi, faremo ricorso al classico ago da innesco che attraverserà il bibi partendo dal retro e uscendo dal fronte(da dove fuoriesce la proboscide), avendo molta cura nel centrare perfettamente gli opercoli senza sforare la cuticola (allo scopo sarebbe utile munirsi di un ago spuntato, per evitare lacerazioni che svuoterebbero immediatamente l’innesco).
Una volta sull’ago, il bibi verrà trasferito sul finale, cercando di evitare gli schizzi di liquido.
È un’operazione delicata, che può essere effettuata a seconda della dimensione del bibi da innescare e delle sue caratteristiche di elasticità.
Per i più piccoli e per quelli dalla cuticola più morbida ed elastica, basta agire, con molta cautela, in maniera classica - punta dell’amo alloggiata nel forellino dell’ago, passaggio dell’esca dall’ago al terminale -; per quelli più grossi e duri, certamente non in grado d seguire la curva dell’amo con facilità, l’innesco verrà effettuato al contrario – inserendo il nylon nel forellino dell’ago e facendo scorrere il bibi lungo il finale fino all’occhiello; quindi faremo girare con una moderata velocità il finale così da sfruttare la forza centrifuga per ottenere il passaggio attraverso gli opercoli di occhiello e gambo; infine posizioneremo correttamente l’esca sulla curva).
Differente è il trattamento riservato al bibi di dimensioni veramente grosse, quello definito veneziano.
Se, in caso di pesca da natante, va più che bene la classica cucitura con due giri attorno all’amo, da spiaggia sarà certamente più performante un innesco (sia intero che in trancio), che prevede l’apertura del bibi lungo la sua lunghezza, il suo rivoltamento e il successivo avvolgimento della porzione attorno al finale, usando l’ago da stecca per facilitare l’avvolgimento stretto con il filo elastico; un procedimento, dunque, non dissimile da quello classico per i filetti o i tranci di cefalopodi, che ci permetterà di ottenere un innesco abbondante, longilineo e molto resistente.
L’opinione è quella di riservare questo trattamento ai caso di mare mosso e pesca nella schiuma.
Questo al fine di aumentare lo stazionamento dell’esca sul canale, posto che la corrente, tanto forte da rimescolare il fondo, sarebbe comunque in grado di svuotare il classico bibi da scatola in un niente, rendendolo praticamente sostituibile dopo pochi minuti dall’entrata in pesca.

Conservazione
Possiamo conservarlo sia da vivo che da morto.
Da vivo, ha una longevità pari alle cure che avremo nel mantenerlo.
Ideale è una temperatura di circa 16 C°, cercando di ottimizzare l’umidità del luogo in cui vive, attraverso poca acqua di mare da applicare alla spugna, alla sabbia o qualsiasi altro materiale decideremo di utilizzare come base per il suo “pernottamento”.
Gli elementi morti, eliminati dal vivaio, non verranno buttati ma potranno essere conservati tramite congelamento.
Per il congelamento - un trattamento che rivolgeremo anche e soprattutto al bibi di grosse dimensioni - esistono tanti sistemi, tra cui i più comuni sono quello di riporne una quantitativo stabilito in un contenitore pieno di acqua di mare così da “ibernarlo” o congelarlo uno ad uno avvolto in abbondante stagnola, quando è ancora vivo e quindi riporlo nel congelatore.
Con questi sistemi, una volta scongelato, il verme, pur avendo perso il liquido (elemento comunque di disinteresse se consideriamo che lo avremmo comunque tagliato e rivoltato) si presenterà comunque fresco e di poco dissimile da un soggetto tagliato appena vivo.
Per il congelamento, l’ideale sarebbe l’utilizzo di un abbattitore di temperatura, che crea un surgelamento immediato.
È ovvio che non tutti(se non quasi nessuno) dispongono di simili apparecchiature - appannaggio dei centri d surgelamento dei prodotti alimentari - quindi si farà di necessità virtù, utilizzando il classico congelatore di casa.

Come reperirlo in natura
Nonostante non sia facile reperirlo in natura, questo non significa che sia impossibile.
Le condizioni di tempo e luogo in cui agire corrispondono con le grandi mareggiare che spiaggiano quantitativi industriali di alghe e altri detriti.
Con molta pazienza, attenzione, e, soprattutto, vincendo la sfida con gli ostinati gabbiani (la cui ressa ci segnalerà dove cercarli con sicurezza), è possibile, rimestando tra le alghe ancora bagnate, trovare dei bibi di dimensioni generose, da raccogliere vivi e conservare direttamente.
In queste situazioni, con un poco di fortuna e un paio di mareggiate importanti, si potrebbe anche giungere a conservare esca per buona parte della stagione.
Ma il gioco vale la candela?
Infatti, sebbene di scarsa reperibilità durante i mesi estivi (i motivi sono dovuti alla sua estrema delicatezza alle alte temperature, che fa desistere distributori e commercianti dal trattarlo), il bibi si trova, insieme alle altre esche, con estrema facilità nei negozi dedicati ad un prezzo, tutto sommato, abbordabile.
Sovente commercializzato in scatole contenenti diversi soggetti e la cui quantità è dettata dalle dimensioni medie del prodotto contenuto, è reperibile anche sfuso e venduto al kg, in pezzature grosse (definito “Veneziano”) da dedicare alla pesca da natante o al congelamento.
Anche se più raramente, è possibile anche trovarlo, sempre nei negozi, morto e trattato attraverso vari metodi di conservazione come la salamoia l’abbattimento o, ancora, la disidratazione, che prevedono, ovviamente una serie di piccole operazioni preliminari all’utilizzo.



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