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Maggio 2009
Galleggiante e pasturatore
Nello Cataudo
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Dal molo, con galleggiante e pasturatore (per neofiti e non) - Prima Parte
Diverse tecniche di pesca, nate inizialmente per le acque interne, hanno trovato con successo applicazione anche in mare. Tra queste, basta ricordare la bolognese, l’inglese ed il ledgering.
Ciò di cui vorrei parlare rappresenta una sorta di linea trasversale fra queste tre, in quanto prevede l’utilizzo di una canna di tipo bolognese, di un galleggiante per pesca all’inglese, e di un pasturatore. Entriamo insieme nei dettagli, cercando di apprendere quelle essenziali nozioni che possano permetterci di condurre un’azione di pesca con buona efficacia senza nulla togliere al divertimento.
Lo spot
La prima volta che abbiamo visto della gente pescare in questa maniera, è stato nel porto di Augusta. Non si trattò di un caso isolato, in quanto in diversi successivi episodi notammo che era invece una pratica abbastanza diffusa in quel posto. Paradossalmente, chi la praticava erano però soltanto i Catanesi. Riuscimmo a carpirne i primi rudimenti, e da allora abbiamo imparato a metterla in atto in maniera redditizia. Il posto ideale dove farlo, sono le acque calme all’interno dei porti.
L’azione di pesca
Essa prevede la presentazione dell’esca, nel nostro caso dei bigattini, a circa 10-20 cm dal fondo. Un pasturatore, posto a monte del finale, dispensa nel frattempo il suo contenuto. Le larve, planando e depositandosi tutt’intorno, svolgono così due distinte funzioni: durante la fase di discesa fanno in modo che l’insidia con l’amo si confonda con esse, e arrivate sul fondo, fanno da pastura di richiamo. Per non creare dispersione alla nostra azione è bene fare scendere il calamento sempre nello stesso punto. Tanto, se pesci ci saranno, ed avranno voglia di abboccare, saranno loro ad avvicinarsi prima o poi verso di noi.
L’attrezzatura
La canna più idonea potrebbe essere una bolognese con azione da media a medio/pesante, di lunghezza non eccessiva, compresa fra i 4,20 e i 5,00mt. Sarà l’utilizzo del galleggiante scorrevole e del mulinello a permetterci di pescare alla distanza e alla profondità che vogliamo. Fra noi compagni si assiste già ad un’ampia diversificazione di attrezzi in quanto c’è chi impiega vere e proprie bolognesi, da 6,00mt, e chi canne da bombarda da 4,20mt. E’ comunque importante dotarsi di un attrezzo leggero, che ci permetta di stare in pesca per almeno tre o più ore senza farci venire una tendinite al braccio, in quanto l’azione si svolge con la canna quasi sempre in mano. Per quanto riguarda la grammatura ottimale, tenendo conto che dobbiamo lanciare anche un pasturatore pieno, oltre che il galleggiante e relativa zavorra, un attrezzo con potenza massima di 40 o 50gr dovrebbe essere la scelta più opportuna.
E’ importante sapere che, le canne paraboliche, se da un lato possono essere poco reattive nella ferrata, dall’altro ci permettono di utilizzare monofili più sottili, e/o meno pregiati, dato che il pesce verrà stancato soprattutto dall’azione morbida ed elastica, chiamando meno in causa il carico di rottura del filo. Il rovescio della medaglia ci si può presentare però quando sarà il momento di guadinare una preda importante, in quanto non si riuscirà a mantenerla con precisione sulla traiettoria del guadino (dovrebbe essere il pesce ad esservi portato sopra, e non viceversa!). Nel mio caso la morbidezza della canna mi ha altresì consentito di sopperire alla poca modulabilità della frizione del mulinello utilizzato. Le canne ad azione di punta lasciamole al momento ai garisti e/o alle persone che vogliono prontezza e velocità d’azione, per portare in secco quanti più pesci nell’unità di tempo. Tali attrezzi richiedono però monofili d’indubbia qualità, mulinelli di pregio, con grande fluidità di recupero e frizioni modulabilissime, e.... tanta maestria. Diciamo, che l’azione che meglio permette di stare in pesca è quella semiparabolica in quanto rappresenta l’ottimo compromesso di tutto, permettendoci di condurre l’azione di pesca senza particolari difficoltà. Per quanto riguarda la lunghezza, ho delle personali preferenze verso i 4,30-4,50mt per questioni di maneggevolezza.
Il mulinello dovrebbe essere di dimensioni medio/piccole, per non appesantire troppo il sistema. E’ però indispensabile che sia di qualità in quanto anche in lui confidiamo per la salvaguardia e l’integrità del nostro sottile calamento. Non sono rare le improvvise e violente fughe del pesce ad un palmo dal guadino, con inevitabile rottura del finale, che ci lasciano con gli occhi impietriti, per aver visto un pesce già “nostro” riguadagnarsi la libertà, per un impuntamento della frizione. Per quanto riguarda la dimensione, ogni casa produttrice ha dei propri codici, ma riferendoci ad esempio alle sigle Shimano, si dovrebbe scegliere al massimo una taglia 2500. Il filo con cui caricarlo può variare da un Ø0,18 ad un Ø0,20.
Il galleggiante da utilizzare è del tipo a penna (waggler,) in plastica trasparente, o in balsa, da 6-8gr, con la possibilità dell’inserimento dello starlight in cima. Spesse volte la battuta comincia prima dell’alba. Ho personali preferenze per quello da 8gr per i seguenti motivi: si stara meno con la variazione di peso fra pasturatore pieno e pasturatore vuoto, è più stabile in acqua, i due grammi in più di zavorra da applicare velocizzano la discesa del calamento, e allo stesso tempo ne minimizzano il rischio d’inceppamento.
Lo scorrifilo è un importante accessorio applicato sulla lenza madre, al quale va fissato il galleggiante. Altro non è, che un minuscolo moschettone con o senza girella, con inserita una boccolina forata, di diametro di poco superiore al filo che vi dovrà passare. Esso consente al calamento di scorrere e raggiungere la profondità stabilita, sino a quando un nodino in spago cerato, fissato a monte, sulla lenza madre, non farà arrestare la discesa. Permette inoltre di sostituire rapidamente il galleggiante senza dover smontare il tutto.
Quando si acquista, è opportuno specificare su che diametro di lenza intendiamo applicarlo: se di tolleranza troppo stretta, lo scorrimento del filo si potrebbe inceppare, se di tolleranza troppo larga, si rischia che il nodino di stop vi si potrebbe incastrare dentro. Per scongiurare quest’ultimo rischio si potrebbe interporre una piccola perlina fra galleggiante e nodino (già specificato sull’articolo “taratura dei galleggianti”). A proposito della scorrevolezza, sarebbe meglio utilizzare dei galleggianti che hanno in punta un sottile occhiello in metallo anziché quelli di fattura più economica realizzati con puntale in plastica, forato ortogonalmente. Se comunque riusciamo a reperire soltanto questi ultimi, è meglio utilizzare il tipo di scorrifilo composto da moschettone + girella. La foto spiega in maniera chiara come ottimizzare l’abbinamento. I problemi che potrebbero insorgere sono principalmente dovuti alla non totale snodabilità del sistema, che farà affondare con difficoltà il nostro finale. Eventuali inceppamenti della lenza, soprattutto all’inizio, sono segno inequivocabile che qualcosa non lavora a dovere.
Il pasturatore va montato coassialmente alla lenza madre, e non derivato. Lo scopo è quello di ottenere un calamento più filante, e di minimizzare ingarbugliamenti con il finale. Il migliore che sono riuscito a trovare è quello raffigurato nelle foto 2-3. E’ di colore trasparente e può essere caricato senza smontarlo, con una semplice rotazione dei due pezzi che lo compongono, che scoprendo un’ampia apertura a finestra laterale. Con la rotazione è anche possibile regolarne la quantità di fori aperti, e quindi la quantità di bigattini che intendiamo rilasciare in acqua nell’unità di tempo. Infine, cosa molto importante, è rastremato a punta nella parte superiore. Ciò consente di ridurre la sua resistenza idrodinamica in fase di ferrata. Se non lo riuscite a trovare di questo tipo, orientatevi comunque verso le forme più slanciate (vedi foto 1).
La zavorra che preferisco impiegare è una sola torpille, o un’olivetta. E’ preferibile collocarla dentro il pasturatore per minimizzare i soliti rischi di grovigli.
Gli ami ed il sottile finale è fuori discussione che dovranno essere di qualità. Su tale minuscola insidia può capitare di tutto, e sarebbe un peccato aver risparmiato soldi proprio su tali dettagli. Personalmente sto usando adesso degli ami in carbonio Gamakatsu A1-HARD nelle misure 12-14-16, con particolare preferenza al 14 o al 12, a seconda che voglia innescare rispettivamente 2 o più bigattini. Ho anche utilizzato in passato degli economici “RANGER” cod. 515N, nelle stesse numerazioni, che mai mi hanno tradito.
Per quanto riguarda il diametro del finale, tengo a precisare che il luogo che frequento presenta delle acque abbastanza limpide, pur trattandosi di un’area portuale, ma non ho avuto mai l’esigenza di scendere sotto il Ø0,18.
Preparazione del calamento
Si esegue un nodino di stop sul filo in bobina ad una data distanza dalla fine, considerando l’ipotetica altezza del fondale e la lunghezza del terminale da aggiungere. S’inserisce lo scorrifilo, poi il cappuccio del pasturatore (la parte più a punta va rivolta verso la canna), segue la zavorra, di grammatura idonea al galleggiante da utilizzare, poi il corpo del pasturatore, e sotto di esso uno spezzoncino di tubetto gommato che funga da salvanodo. Infine si fissa una piccola girella N. 12 o 14 all’estemità della lenza madre. Facciamo scorrere il piombo dentro il corpo del pasturatore e mandiamo il tutto in battuta verso la girella. Aggiungiamo un piccolo pallino di piombo spaccato sopra la zavorra per bloccarla in posizione. Chiudiamo il pasturatore inserendovi il cappuccio. Fissiamo adesso il finale alla girella, utilizzando un monofilo Ø0,16-0,18, con lunghezza da1,00 a 1,50mt al massimo, al quale va fissato un unico amo in carbonio N. 12 o 14.
Non ci resta che caricare tutto in macchina e partire. In bocca al lupo!
Non dimenticate mai di portare un guadino sempre con voi!
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